i miei primi tentativi con la SK830, la fine gauge elettronica Silver Reed (passo 3.6 mm), ovvero: utilizzo del carrello del traforato con il lettore schede mylar EC1.
Nel video ometto la parte dove posiziono e registro le camme magnetiche per fare il piazzamento del disegno, ma si vedono le due camme laterali a scorrimento, che segnano l’inizio e la fine del disegno (uno o due punti prima degli ultimi aghi laterali, per ottenere dei vivagni puliti) e la camma P1, che segna l’inizio del modulo: in questo caso è centrato e quindi la tacca rossa coincide con lo zero. Inoltre, per memorizzare queste coordinate bisogna muovere il carrello un paio di volte, oltre le camme, cosa che ho fatto mentre preparavo la base in maglia rasata.
I magneti delle camme vengono letti dai sensori del carrello, che muoverà gli aghi a seconda di ciò che è disegnato sulla scheda mylar, giro dopo giro.
Anche nel lettore EC1 ho dovuto registrare il disegno, facendo scorrere manualmente le tacche del righello che segnano l’inizio e la fine del pattern, rispetto ai 60 punti totali disponibili nella scheda: in questo caso partiva dal punto 1 a sinistra, per finire nel punto 24 a destra. Qui non c’è bisogno di memorizzare nulla, perché come premi i pulsanti o muovi le tacche, il lettore esegue di conseguenza. Evviva.
Nel video si vede chiaramente un problema di mispatterning (errore nel disegno), una parola che incontro spesso nei forum in inglese che si occupano di macchine Silver Reed elettroniche: da quello che ho capito il disegno rischia di slittare soprattutto quando si utilizza il sistema Dak e contemporaneamente si devono fare cali e aumenti. Questa eventualità l’affronterò più avanti, perché in questo video mi sono limitata a mostrare l’assetto nel modo originale, senza computer di mezzo:
qui le maglie cadevano o non venivano lavorate a causa di un fattore meccanico, una placca sottile di metallo sotto all’abbassatore piegata male, che bloccava le palette degli aghi. Una volta raddrizzata la placca con una pinza, il carrello ha cominciato a funzionare perfettamente. Ed ecco il risultato definitivo:
una griglia di fori (tuck+slip)
Un po’ lace, un po’ slip e un po’ tuck. Di questo schema esistono varianti che prevedono buchi più grandi: la difficoltà consiste nel “riempire” gli aghi vuoti consecutivi nella maniera più automatica e gradevole possibile. Quindi se riesco, impegni precedenti permettendo, seguiranno altri tutorial.
boo! il fantacentrino
Questo centrino all’unzinetto di Marsha Glassner lo si trova pubblicato in versione free su Ravelry. Piuttosto semplice da seguire (le spiegazioni sono corredate da un grafico molto chiaro), è una sorta di mandala. Rilassante e divertente. Pubblico qui la modifica che ho apportato nei giri 22-23 (e successivi), in modo da smussare i lati della testa del fantasma. Felice Halloween… ah! no : )
la maglia nei film — il potere del cane (jane campion, 2021)
È abbastanza comune l’ossessione, in chi fa la maglia, di notare e talvolta studiare i costumi “maglifici” dei personaggi dei film. Una specie di gioco alla decostruzione e ricostruzione di uno schema, cartamodello o tecnica. E questa scena dell’ultimo film di Jane Campion “Il potere del cane” è fin troppo provocante, perciò ecco la mia analisi.
In un primo momento mi è sembrata una maglia lavorata a macchina, osservando gli screenshot catturati durante la visione del film, sul mio computer, ad una risoluzione infima. A macchina, probabilmente a schede perforate, perché il motivo “a punte” è abbastanza un classico. Poi ho trovato dei fotogrammi in rete più definiti, ho contato i punti ed ho capito che doveva essere stata realizzata ai ferri, più coerentemente con l’inquadramento storico del film, 1930 circa. Così ho provato.
I due schemi, le coste traforate ad effetto rilievo (1) e il motivo “a punte” (2), presi singolarmente, non sono molto difficili da indovinare. È l’allineamento fra i due pattern che risulta un po’ forzato: i moduli ripetuti non sembrano fatti per essere combinati assieme tant’è, per far tornare la simmetria, si dovrebbe togliere un punto. Cosa che ho fatto nel mio campione, ottenendo così un modulo da 24 punti (2b) ed un effetto a zig-zag continuato, valido anche per schede perforate, eventualmente.
Ad ogni modo ho apprezzato la scelta di questa maglia, che a mio avviso rimarca uno dei temi del film, l’importanza del senso del tatto e il feticismo magico dei manufatti, posseduti o creati dagli stessi protagonisti: i fiori di carta, i guanti, la sella, il lembo di tessuto con le iniziali ricamate e, soprattutto, le corde intrecciate di pelle.
aggiornamento: ho provato a realizzarlo anche a macchina, lavorando i motivi a punzone, manualmente, ogni due giri. Già che c’ero, ho riallineato i due schemi della versione originale, riuscendo a centrarli in maniera simmetrica: bastava sfalsare il secondo motivo di mezzo modulo circa. Quindi adesso mi chiedo perché non l’abbiano fatto nella maglia originale.
separazione dei colori con Gimp
In risposta all’articolo di Alessandrina Costa sulla lavorazione a due colori con l’impostazione Tuck: un video dove mostro come rendere la separazione manuale dei colori automatica (e anche piuttosto divertente), usando Gimp e la modalità “differenza” nei livelli.
La prova smacchinata: una volta salvata l’immagine png o jpeg, ho caricato il disegno col Dak alla macchina (Brother KH930), lavorazione fair-isle. Ho avviato 48 punti a maglia unita, poi con carrello a destra (COR) ho fatto il primo giro di pre-selezione degli aghi verso sinistra, con manopola in KCII. Il carrello della seconda frontura rimane impostato su “maglia unita” (normale) per tutta la lavorazione. Nei giri successivi, partendo con il carrello a sinistra (COL), filato di contrasto (ocra), tasti tuck premuti in entrambe le direzioni nel carrello principale, ho continuato la lavorazione cambiando colore ogni due giri, come per il doppio jacquard. Ho usato forse un filato troppo sottile, il 2/28 a due capi per entrambi i colori, con tensione a 0.I: il risultato è una maglia super elastica, tipo punto brioche a due colori. Effetto del tuck.