la maglia nei film — il potere del cane (jane campion, 2021)

È abbastanza comune l’ossessione, in chi fa la maglia, di notare e talvolta studiare i costumi “maglifici” dei personaggi dei film. Una specie di gioco alla decostruzione e ricostruzione di uno schema, cartamodello o tecnica. E questa scena dell’ultimo film di Jane Campion “Il potere del cane” è fin troppo provocante, perciò ecco la mia analisi.

In un primo momento mi è sembrata una maglia lavorata a macchina, osservando gli screenshot catturati durante la visione del film, sul mio computer, ad una risoluzione infima. A macchina, probabilmente a schede perforate, perché il motivo “a punte” è abbastanza un classico. Poi ho trovato dei fotogrammi in rete più definiti, ho contato i punti ed ho capito che doveva essere stata realizzata ai ferri, più coerentemente con l’inquadramento storico del film, 1930 circa. Così ho provato.

I due schemi, le coste traforate ad effetto rilievo (1) e il motivo “a punte” (2), presi singolarmente, non sono molto difficili da indovinare. È l’allineamento fra i due pattern che risulta un po’ forzato: i moduli ripetuti non sembrano fatti per essere combinati assieme tant’è, per far tornare la simmetria, si dovrebbe togliere un punto. Cosa che ho fatto nel mio campione, ottenendo così un modulo da 24 punti (2b) ed un effetto a zig-zag continuato, valido anche per schede perforate, eventualmente.

Ad ogni modo ho apprezzato la scelta di questa maglia, che a mio avviso rimarca uno dei temi del film, l’importanza del senso del tatto e il feticismo magico dei manufatti, posseduti o creati dagli stessi protagonisti: i fiori di carta, i guanti, la sella, il lembo di tessuto con le iniziali ricamate e, soprattutto, le corde intrecciate di pelle.

aggiornamento: ho provato a realizzarlo anche a macchina, lavorando i motivi a punzone, manualmente, ogni due giri. Già che c’ero, ho riallineato i due schemi della versione originale, riuscendo a centrarli in maniera simmetrica: bastava sfalsare il secondo motivo di mezzo modulo circa. Quindi adesso mi chiedo perché non l’abbiano fatto nella maglia originale.

Fase due (Quarantine ai ferri)

Su gentile richiesta di un amico di faceBook, Matteo Valenti, che ha trascorso la quarantena lontano dalla sua macchina da maglieria, pubblico la versione della mascherina per lavorazione ai ferri, che ho deciso di chiamare Quarantine – fase2. Precisando che, così com’è, non ha valore di protezione medico-sanitaria, avendo una trama molto larga. La verità è che ci siamo divertiti parecchio a lavorarci sopra e questo ci è bastato per farci trascorrere questi giorni un po’ più serenamente.

Dunque, dopo qualche aggiustamento iniziale per capire il gauge esatto del suo filato/mano/ferri (non è facile confabulare a distanza via computer in generale, figuriamoci con un knitter entusiasta), alla fine ho deciso di calcolare due versioni: una per taglie grandi (la sua) e un’altra per taglie medio-piccole (la mia). Per quanto riguarda il filato, consiglio un cotone a piacimento che abbia lo stesso gauge indicato, in modo da ottenere le stesse dimensioni dei nostri prototipi. (Per i ferri accorciati alla tedesca potete seguire il videotutorial di Emma Fassio, per esempio).

Per i progetti più provocatori suggerisco di utilizzare questo modello come base e di rifinire successivamente la mascherina con decorazioni a piacimento, ricamate o applicate: si vedano, un esempio per tutti, le incredibili mascherine dell’artista tessile Yrurary.

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Guardate l’ultimo prototipo di Matteo, con il filato tinto da lui: ne avrà fatti cinque o sei, almeno (quel che si dice un knitter entusiasta).